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ARTELAGUNA

   

 

 
ARTELAGUNA '95
OPERE D'ARTE PER LA LAGUNA DI VENEZIA
1995, Marsilio, Venezia

 

ARTELAGO E ARTELAGUNA
Quando l’arte si materializza sull’acqua
 
Varese e i suoi laghi. Si offrono a incastro allungati tra le rive, segnate da piccoli ricorrenti gruppi abitativi. La vera essenza della terra prealpina si esprime nella realtà dei piccoli e grandi laghi, dall’origine glaciale, formatisi quando i giganti di ghiaccio si ritirarono lasciando e depressioni provocate dal loro potente movimento.
La seduzione misteriosa dell’acqua. Nel riflesso, quando il destino di Narciso si
compie ed è «l’immagine dell’inafferrabile fantasma della vita», per dirla con il Melville di Moby Dick.
Vibrazioni lievi a suscitare improvvisi mutamenti di luce, nei malinconici sciabordii, nelle percezioni dei colori e dei toni, che il lago sa suscitare.
Elemento naturale imprendibile, l’acqua diventa riferimento per rinnovate operazioni artistiche, come le due edizioni di Arte/ago del 1986 e del 1990. Il progetto, definito dalla Cascina Stai Vitale di Osmate, si ripresenta, mutato nelle forme ma non nelle intenzioni, nella laguna di Venezia, environment d’acqua di ben altra suggestione e spessore culturale. Nuovo, a quei tempi, il tema per la prima mostra d’arte sulle acque del lago di Monate. Il quale è stato, anche per la seconda volta, il referente per una sperimentazione davvero unica di «arte ambientale».
Gli artisti si misurano con le dimensioni estreme di bellezza e imprevedibilità insite nella Natura. Vento, pioggia, luce, il moto delle acque, la fluidificazione della visione in lontananza, l’impatto con i confini reali e immaginari.
Il primo progetto innesca una sequenza di riflessioni spontanee sulla dolcissima natura del luogo, antichissimo nel tempo.
Lo specchio del lago di Monate, dove Osmate si affaccia, riflette i morbidi declivi e le case circostanti.
Nella tranquilla armonia dell’habitat extraurbano, le acque sorgive ancora miracolosamente limpide accolgono, nell’86, la concretizzazione dell’idea di progettare opere esclusive per la superficie acquatica. Costruzioni dell’immaginario più ardito, da vivere open air, modificando ogni concezione di opera d’arte, sotto il profilo strutturale, lontano da qualsivoglia ottica mercantile:
un gioco senza alcuna limitazione, una comunicazione spazio-temporale in presa diretta con il sogno, nell’imprevedibilità delle apparizioni improvvise.
Una ventina di artisti alla prima edizione di Arte/ago, altrettanti per la seconda. Ico Parisi aggancia l’estroso kitsch di due grandi occhi blu, di una rossa bocca. La concettualità di Gianni Robusti si rintraccia accanto alla suggestione dei differenti materiali programmati per l’acqua da Sangregorio, da Mauro Staccioli. Si scatena la fantasia di Lucio del Pezzo in misteriosi oggetti geometrici e coloratissimi; nell’irrealtà di insenature e canneti si ritrovano le vivaci cromie di Marisa Bandiera.
Nelle magie dell’invenzione, l’acqua sembra disciogliere i versi di Simonetta Gorreri, geniale ideatrice e rigorosa conduttrice delle operazioni di arte acquatica.
Prende avvio un dialogo che sfugge a considerazioni soltanto territoriali, per giungere ai confini di una coralità proiettata, oltre l’uomo, all’infinito del tempo. Nell’edizione del 1990, sono sempre le acque antistanti le suggestive sponde del lago di Monate a sgomitolare un perfetto fil rouge entro l’immaginario naturalistico che s’accende di mille intense ideazioni.
Sono molti gli artisti arrivati come da una rosa dei venti; dal Giappone Keij, dal Belgio la Tapta, Varotsos dalla Grecia. Ancora Garau, Mattiacci, la Friedmann, il Gastini.
La mutevolezza delle memorie, la prospettiva della libertà, il lampo delle intuizioni, il sottinteso dei simboli: il silenzio della Natura, nella fresca aria prealpina, sotto il «bel cielo di Lombardia», dissolve l’urgere del vivere metropolitano.
Costruzioni leggere, forse fragili, insolitamente fascinose, oscillano misteriose nelle esecuzioni legate al tessile, al legno, al ferro, alla pietra, in strutture policrome sparse tra le rive e l’acqua.
Opere effimere, da montare e smontare nel breve volgere di un tempo prestabilito, che interreagiscono con lo spazio circostante, subiscono i capricci della metereologia. La Water Art si specchia ora nella laguna di Venezia. «El mar es un antiguo lenguaje que yo non alcanzo a descifrar», scrive Borges dell’antico, indecifrabile idioma.
Ed è ancora Simonetta Gorreri a condurre personalmente la proposta di arte per le superfici acquatiche, realizzata in laguna con l’approvazione della Biennale di Venezia, nell’occasione del Centenario.
Il rapporto tra artista ed elemento naturale diventa, qui, più forte, si fa sfida. Nel paesaggio lagunare, singolare in un composito mosaico di specchi d’acqua salmastra a lame di terre appena visibili sul livello marino, si profila il mito romantico e letterario di una Venezia che muore, ancora splendida Signora dei mari, tra l’oro bizantino e le trine dell’architettura gotico-veneziana.
Acqua, luce, colore: una città più di ogni altra a misura d’uomo e di sentimento, con un repertorio d’arte che nella laguna trova il suo ideale innesto.
L’aprirsi dei silenzi lagunari, lontano dalla congestione di San Marco, ha creato i presupposti per Artelaguna, in quelle forme particolari di Environmental Art dedicate all’acqua.

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